In passato la versione ritenuta più attendibile riconduceva l’origine del Gin a una ricetta di Sylvius Franciscus Van Leyden un naturalista e medico olandese del XVII che distillò il ginepro per ottenerne una bevanda utile a curare le infiammazioni delle vie urinarie. In Verità esistono documenti olandesi risalenti al XVI secolo che trattano di una bevanda chiamata Genever (ginepro in olandese).
Durante la guerra dei 30 anni i soldati olandesi impegnati nella ribellione contro gli spagnoli che governavano quelle terre, entrarono in contatto con quelli inglesi che furono inviati dalla Regina Elisabetta I in aiuto. Gli olandesi bevevano Gin per darsi coraggio e calmarsi prima delle battaglie.
Verso metà del XVII secolo a Londra vivevano circa 5.000 olandesi e nello stesso periodo, gli inglesi abbreviarono Genever in Gin. Anziché importare il Gin dai Paesi Bassi si iniziò a produrne localmente. Il genever era nettamente diverso dagli attuali gin, gradazione minore, circa 30 e adulterato con sostanze tossiche che bruciavano la gola, provocavano nausea e causavano cecità.
Il Gin si diffuse ancor di più successivamente in Inghilterra alla fine del XVII secolo quando al trono salì Gugliemo III di Orange e superò addirittura in volume la produzione della birra. Negli ultimi anni si erano ripetuti scontri tra Francia e Inghilterra e si era spenta la moda di bere brandy (distillato da vino francese) perché antipatriottica. Ma Gugliemo di Orange si accordò con la regina inglese e il gin divenne un’ottima alternativa.
La sua produzione crebbe del 400%, superando probabilmente i 37 milioni di litri l’anno per una popolazione di appena 6 milioni di abitanti. Si pensa che uomini, donne e bambini consumassero almeno mezzo litro di Gin al giorno. Furti, rapine, stupri e omicidi erano all’ordine del giorno. Proprio per le sempreverdi rivalità anglo-francesi, si alzarono le tasse sull’importazione dei distillati stranieri e si promosse anche l’uso dei cereali in esubero e non perfettamente adatti all’alimentazione per le distillerie. La produzione divenne tanto importante che si iniziò ad usare il gin anche come arrotondamento degli stipendi degli operai. Purtroppo si diffuse l’alcolismo tanto da obbligare l’Inghilterra a emanare le Gin Acts, 5 leggi che cercavano di limitarne il consumo (ad esempio il primo act impose ai rivenditori una licenza annuale di 20 sterline oltre ad una tassa per gallone, il secondo prescriveva una licenza di 50 sterline per la vendita del gin e un premio di 5 sterline per chiunque denunciasse chi lo forniva in violazione della legge).
I Gin Act scatenarono l’ira del popolo che creò canti e stampe in onore del Gin, famosa è “Il Funerale di Madame Geneva”.
Con l’ultimo Gin Act del 1751 la moda del Gin andò a esaurirsi e questo distillato lasciò il passo ad altri, come il rum. Ricordiamo comunque che nel 1751 sono state registrate 9.000 morti di bambini causate da intossicazione da alcol. I Gin Act non ottennero risultati immediati perché commisero un errore grossolano, ovvero in queste leggi si faceva esplicito riferimento al GIN, cosicché il popolo continuò a distillare lo stesso spirito sotto mentite spoglie, spacciandolo per liquori come il brandy.
Questo periodo del XVIII secolo fu appunto caratterizzato dal Gin Craze (mania del gin) e fu il periodo in cui il Gin si guadagnò diversi appellativi come Mother’s Ruin, Ladies’ Delight e Cuckold’s Comfort.
Il XIX secolo fu per il Gin una nuova epoca d’oro. Le nuove norme igieniche a seguito di epidemia, il minor tasso di povertà e la Rivoluzione Industriale favorirono la nascita dei Gin Palace. Per assurdo la loro nascita fu favorita dal Beer Act del 1830 che si prefiggeva di diffondere maggiormente la birra rispetto ai superalcolici. Le licenze per il Beer Shop costavano molto poco e ne aprirono 45mila in tutta l’Inghilterra. In risposta i produttori di Gin aprirono i Gin Palace, locali dall’atmosfera coinvolgente. Fun introdotta una nuova legge che abbassò le tasse sugli spiriti distillati e di conseguenza il consumo aumentò.
Mentre i Gin Palace si popolavano, nasceva l’alambicco a colonna, il Coffey Still. Questa invenzione permetteva di ottenere spiriti puliti come ad esempio la vodka.
All’inizio del XIX secolo, i soldati inglesi in India lo usarono nelle colonie dove si stava diffondendo la malaria insieme a zucchero e soda per mascherare il sapore dell’antimalarico chinino e da qui…il Gin Tonic. Nella Marina britannica, invece, gli ufficiali consumavano Pink Gin, Gin più Angostura.
Nello stesso secolo il Gin si fece largo tra i bartender americani dando vita a numerosi cocktail come ad esempio Gin Fizz, Gin Sling, il Martinez che poi divenne Martini.
Passiamo ora al XX secolo, all’inizio, quando la scena era padroneggiata dal whiskey. Sono anni difficili, l’America è appena nata e la società è composta per lo più da contadini, bassa scolarizzazione. Sono gli anni del Ku Klux Klan. Nel 1919 venne emanato il Volstead Act e nel paese vennero proibiti consumo, produzione e importazione di alcolici. La mafia italo-americana si occupò di contrabbandare alcolici, un giro di affari importante.
Il whiskey era difficile da contrabbandare, in più ha il grande svantaggio dell’invecchiamento. Ecco che tornò alla ribalta il gin che all’epoca non era altro che vodka aromatizzata con botaniche. La storia insegna che quando si proibisce qualcosa, questa diventa ancora più desiderata perché si aggiunge l’ebrezza di andare contro le regole.
Il governo emanò nel 1933 il Blaine Act che concesse nuovamente la circolazione degli alcolici.
Esistono anche altre versioni, c’è chi sostiene sia nato in Inghilterra, chi in Italia con la Scuola di Salerno. In realtà sono tutti predecessori del Gin al quale ci riferiamo noi. In passato si ottenevano distillati di ginepro partendo da una base di alcool di vino.
Arriviamo al nostro secolo, il Gin sta rivivendo un momento di gloria, sta vivendo di nuova creatività dei mastri distillatori e dei bartender e sta unendo e divertendo noi amici.